lunedì 4 febbraio 2013

Notte prima degli esami

Basta!
Le procedure di VIA VAS e AIA mi escono fuori dalle orecchie, la Convenzione europea del paesaggio inizia a farmi orrore ed il Codice dei beni culturali e del paesaggio ancora di più!
Per rilassarmi sono passata ad esplorare quali siano i parchi italiani attrezzati con aree espositive all'aperto, pensando che quando mi ritroverò di fronte alla commissione romana dovrò pur giustificare le mie miserande scelte progettuali con qualche elegante riferimento a opere realizzate.
Così...
Ho riscoperto la fondazione Maeght e l'Uovo di Mirò che non dimenticherò mai.
Ho sognato per l'ennesima volta di poter mettere piedi nell'opera di Niki de Saint Phalle
Ho sbirciato il sito del "parco" Arte Sella  e quello della Collezione Gori
Per caso mi sono imbattuta in QUESTO 
e mi è tornata alla mente una gita di ottobre.

Da sinistra: Monte isola in un uggioso pomeriggio; le piramidi di erosione; le torbiere del Sebino , foto di  Staiano Raffaele (che io avevo la compattina scarica).
Per il mio compleanno avevamo deciso (io e il fantasmino che compare un paio di foto più giù) di sfruttare "l' x-box" e di passare un paio di giorni a Zone piccolo e meraviglioso comune nei pressi del lago d'Iseo.
Ovviamente prima di partire avevamo perso altrettanto tempo per decidere quali itinerari percorrere e quali posti visitare: Monte Isola, le Piramidi di Erosione, il percorso ciclabile Vello-Toline (che purtroppo trovammo chiuso, causa frana di due anni prima) ma soprattutto  le Torbiere del Sebino. 
Il percorso detto "Bosco degli gnomi" lo avevamo tenuto come seconda scelta. 
Ma il caso ha voluto diversamente.
Abbiamo trovato il tempo per fare il percorso di "Bosco degli gnomi" e io sono rientrata in albergo entusiasta, riportando un mucchio di impressioni positive e suggestioni per ipotetici progetti.

Il percorso comincia a pochi passi di distanza dall'abitato di Zone. 
Il paesaggio verso valle è dolce, il bosco che cresce lungo le colline ondulate lascia il posto ai prati del pascolo. 
Il Rosso, nel tempo, ha inserito ai lati del sentiero le sue opere ricavate da vecchi alberi, tronchi e ceppaie. Il nucleo centrale della suo lavoro, costituito da gnomi e ed animali del bosco, si incontra a metà del percorso ma è molto cresciuto nel tempo. Già all'inizio del percorso, infatti, ci imbatemmo in inaspettate figure: i draghi. I draghi che sembrano vigilare il bestiame come sentinelle, strappano un sorriso. Mi sono piaciuti da matti! Li ho immaginati inseriti in un parco giochi. L'intervento minimo dell'artista sul legno morto trasforma una vecchia ceppaia in una creatura fantastica (che all'occorrenza può fungere da asse di equilibrio) senza snaturare la forma del legno.

Il percorso a valle: le prime opere. Assolutamente da notare il muretto a secco e la pavimentazione in ciottoli della prima foto che se non ramento male dovrebbe essere uno dei frammenti recuperati della antica strada Valeriana.

Ogni drago ha il suo nome: a sinistra il Drago Rubino (gli ogghi sono illuminato da rossi fondi di bottiglia) a destra il drago Vinicio che fa la guardia ad una mandria di mucche al pascolo.
Verso metà percorso, alle porte di quello che era cupo bosco di faggi, ci siamo imbattuti negli gnomi promessi.
Non ho foto decenti degli gnomi purtroppo, ma mi sono sbizzarrita con le civette.
Alcune delle civette intagliate nei tronchi di alberi (con le radici ancora nel terreno) che sbucano ai lati del sentiero.

Non abbiamo completato tutto il percorso previsto per raggiungere la cima del monte Guglielmo perché ad un certo punto ci siamo imbattuti nel cartello che invitava a visitare il laboratorio del Rosso. Abbiamo imbucato un sentiero laterale e, dopo un breve tratto, ci siamo trovati di fronte ad una terrazza naturale lungo la quale era stato costruito un rustico casolare di bianco intonacato, nel punto dove il declivio cambiava pendenza il "Rosso" aveva realizzato la fantastica recinzione che potete vedere nelle foto sottostanti.

La poetica recinzione del laboratorio del Rosso. Le mie pessime foto purtroppo non rendono giustizia né all'opera né al contesto.

Certo non è recinzione adatta ad ogni giardino, ma in questo contesto la recinzione marcava una netta distinzione tra gli spazi dell'uomo e quelli della campagna permettendo all'abitazione di dialogare con il paesaggio circostante.

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